Marketing, Sagan al 100%

Sagan è un campione, Sagan è un fuoriclasse, Sagan è un personaggio. Vero è tutte e tre le cose, per il ciclismo è una manna dal cielo e ben vengano personaggi come lui, ma bisogna anche sapere quale è il limite da non oltrepassare per perdere in credibilità.

Nello show business, nello sport, o meglio per un personaggio pubblico è un attimo cedere a certe cadute di stile, soprattutto quando si hanno i riflettori puntati.

Mi è capitato di vedere nei giorni scorsi un video su Facebook in cui durante il Tour Down Under il campione Slovacco aiutava gli organizzatori a sistemare i gonfiabili pubblicitari sul tracciato appena percorso.

Beh, e cosa ci sarà di male?

Alcuni meccanismi ai più non sono noti, non per chi è all’interno dell’ambiente, o meglio per le persone con un pizzico di malizia si.

Togliamoci dalla testa per un attimo l’idea del ciclismo romantico, quello delle grandi salite, della fatica, del sudore, della passione e del gesto atletico, immergiamoci per questi cinque minuti nel mondo del business. I ciclisti professionisti non corrono per gloria ovviamente, altrimenti non si chiamerebbero professionisti e la carriera a volte è breve. Più si guadagna meglio è ovviamente.

Nel video il campione del mondo aiuta a liberare la strada da alcuni gonfiabili pubblicitari, ma quello che risulta subito all’occhio sono gli enormi occhiali (non di certo da ciclismo su strada) che indossa sopra alla sua testa, brand che sponsorizza l’atleta.

Il gioco è fatto, il video virale anche, le visualizzazioni sopra al milione.

Ora ritorniamo ancora al ciclismo romantico, quello fatto di stenti, di sacrifici, di forza, passione e tanto altro ancora.

Cosa vede il pubblico?

Un fenomeno, un campione del mondo che ha vinto la tappa ed in tutta la sua umiltà aiuta a smontare e piegare alcuni gonfiabili. Bellissimi occhiali, li compro.

Cosa veramente vedo con un pizzico di malizia in più?

Un occhiale fuori luogo che mi ha fatto presupporre la costruzione del “momento” a tavolino sapendo delle migliaia di condivisioni.

Ora non è dato per certo che Sagan volesse o meno aiutare quelle persone veramente, ma di certo quell’occhiale fuori contesto con la scritta 100% molto visibile mi fa rimanere con il sapore in bocca agrodolce.

Bravo Sagan, sei sempre il mio campione preferito, ma la prossima volta un pizzico di discrezione in più non guasta!

Ecco il link del video http://ilbuzz.it.eurosport.com/stars/video-peter-sagan-prima-vince-la-tappa-poi-aiuta-togliere-larco-gonfiabile-12600/

Il ciclismo toglie, il ciclismo da.

A tutti qualche volta è capitato che qualche amico o parente ci abbia fatto la fatidica domanda. Ma chi te lo fa fare?

E’ inconcepibile per i più dedicare tre ore della propria vita più volte a settimana ad un oggetto per di più inanimato. Ma l’essenza della bicicletta, del pedalare va molto più in la, pedalare è un viaggio, è filosofia e perché no è anche zen.

Capita che alla mattina di un’estate qualsiasi, quella veramente calda, ti alzi e fai colazione, le classiche quattro fette biscottate spalmate con del buon miele, mentre tutti dormono ancora nel proprio letto alla penombra di una tenda poco tirata e di una finestra che inizia ad alluminarsi di un caldo sole. Ti alzi nel silenzio ed un po assonnato prepari la colazione come un rituale. Caffè bollente, rigorosamente espresso e fortissimo ,senza zucchero, fette biscottate e miele, apri la credenza e prendi la tua borraccia fortunata, quella che ti hanno dato all’ultima tappa del giro d’Italia. Apri la confezione di carboidrati, i classici tre cucchiai e la riempi con acqua naturale.

Vai in bagno e ti lavi, non sei del tutto sveglio, poi c’è la vestizione, fai il check, Garmin, telefonino, bluetooth acceso per il collegamento con il ciclocomputer , camera d’aria, levette per smontare il copertoncino, guanti, occhiali e cappellino vintage, quello della tua ultima salita al Ghisallo e preso al museo come un trofeo.

Fa parte anche questo di quel semplice schema che ti permette di raggiungere la libertà.

Chiudi la porta di casa con delicatezza senza far svegliare nessuno ed arrivi alla tua bicicletta. Una Cinelli Saetta in carbonio montata Ultegra. La guardi, la ammiri nel suo colore total black e ti si illuminano gli occhi di gioia. Solo a guardarla ti fa sentire bene, ti fa sentire libero. Ti porta lontano dai problemi quotidiani.

Infili le scarpe, le stringi il giusto, il click della chiusura Boa delle scarpe è un piacere al tuo orecchio. E’ l’inizio di un percorso.

Sali sulla tua bicicletta senza sapere quale sarà la meta in questa Brianza ancora assonnata ma che conta già anime sui propri automezzi in lamiera già pronti a lottare con il mondo. Ti guardi in giro, ed inizi a pedalare, sono fortunato abito in un bellissimo paesaggio collinare a due passi dalla culla di un noto libro di Alessandro Manzoni.

La strada si fa sempre più in salita, il traffico inizia a prendere forma, ma la mia testa è immersa nei pensieri positivi, immagino e sogno, le gambe si fanno pesanti ad ogni colpo di pedale mentre accumulano acido lattico ma la negatività sparisce. Questa è l’essenza del ciclismo. Il ciclismo prende ed il ciclismo da, e generalmente è molto più generoso che egoista.

Faccio la salita che mi porta a Sirtori e scollino a Santa Maria Hoè. Strade trafficate ma con tanto verde intorno. Incontro e sorpasso alcuni ciclisti intenti a fare la salita che porterà a Nava e che diversamente da me se la stanno prendendo comoda. Arrivo alla rotonda di  Nava e proseguo scollinando ad Oggiono. E’ fantastico vedere il lago dall’alto delle colline Brianzole, riempie il cuore, sgombera ancora una volta la testa se ce ne fosse ancora bisogno. L’ultimo colpo di scopa per ripulire tutto, tutti i pensieri negativi. Attimi di libertà.

Riprendo e ritorno verso Casatenovo deviando per Arcore, pianura questa volta, il mio terreno preferito, quel terreno che mi permette di far scorrere la mia bicicletta ad oltre 40 km/h. Pancia a terra come dicono nelle telecronache del giro o del tour. Sottofondo di musica Rock dal mio Ipod. Quanta fretta, quante persone intrappolate in automezzi , quanto malessere, quanta arroganza. Sono tutti arroganti protetti da un leggero strato di lamiera alle prese con il loro telefono. Che vita di merda.

Faccio la lunga strada del Pagani, un manto liscio di bitume, ancora una volta vedo le montagne Lecchesi come sfondo. E’ la strada che molti Milanesi fanno per andare in Brianza. Ancora una volta supero alcuni ciclisti attempati, in gruppo, un folto gruppo. Che figata. Giro ancora per Arcore, passo per il centro, passo davanti alla Villa Borromeo dove anni fa mio nonno mi accompagnava per cercare vecchi chiodi antichi ed arrugginiti. Ero fissato con i chiodi non so il perché, anzi si, forse perché da grande volevo fare l’archeologo. Era un gioco, ero un bambino sognatore e forse quella caratteristica di sognatore non l’ho mai persa.

L’ultima salita e le mie due ore e trenta me le sono portate a casa. Due ore con la testa tra le nuvole, a pensare, a ridere, a sognare, a ritornare per un attimo bambini ma con un gran mal di gambe che mi ricorda di essere vivo.

Anche questo fa parte del pacchetto, fatica e soddisfazione, mente sgombra e gambe pesanti.

Il ciclismo toglie, il ciclismo da.

 

 

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