L’insostenibile leggerezza dell’essere (in acciaio)

Ci sono esigenze che ci portano a valutare la sostituzione della nostra bicicletta, esigenze che per la maggior parte delle volte non sono reali, “tanto contano le gambe” dicono, esigenze che sono per lo più dettate dalla voglia di possedere un prodotto nuovo, meglio forse chiamarlo oggetto, magari più leggero, più performante, insomma esigenze che puntano diritte diritte a soddisfare il nostro ego più profondo.

Il mio ego che chiameremo per mantenere l’anonimato XX aveva urgentemente bisogno di una nuova bicicletta, non importava quale modello, ma doveva essere assolutamente con freni a disco e rigorosamente con il passaggio cavi interno.

Complice la visita di un amico, complice l’oretta di discussioni fatte davanti ad una buona birra parlando di ciclismo ma soprattutto di quella categoria di nicchia che comprende telai e telaisti, complice anche e soprattutto la birretta stessa, la mia curiosità da quello stesso istante in poi si è spinta in un luogo che fino a pochi anni fa non avrebbe mai pensato di esplorare, il mondo delle bici in acciaio.

Telaio in acciaio Dedacciai saldato a tig con forcella in carbonio Columbus

Brutta bestia quella vocina stridula che ti fa notare la differenza di peso. Orrore quando ti rendi conto che il “vecchio” telaio Cinelli Saetta in carbonio pesa appena 1200 gr ma invece che acquistarne uno da 900 gr hai semplicemente optato per un telaio in acciaio da 1800 gr, quasi ti sudano le mani, pensi di essere diventato matto, ci credi anche per un attimo, perchè tu, ciclista della domenica, sei passato direttamente da un iper rigido telaio in alluminio di scarsa fattura ad uno in carbonio brandizzato italiano ma costruito in cina senza mai assaporare l’essenza di quel ciclismo eroioco fatto di biciclette in acciaio.

Cosi, dopo aver combattuto la mia personalissima battaglia che la psicologia cognitivista definirebbe di dissonanza cognitiva, quel mondo inesplorato fatto di artigiani che lavorano l’acciaio a finissimo spessore saldato a tig è diventato il mio nuovo mondo per ben due mesi. Due mesi di esplorazioni, di preventivi, di vita vissuta in angoli remoti di ancor più remoti forum per amanti del ciclismo eroico.

Il mio ego brianzolo non ha potuto che optare per un telaio Made in Brianza riducendo la mia ricerca in un raggio di azione limitato a poche decine di chilometri e facendomi approdare quasi per magia (ed anche a causa di qualche reminiscenza RedHookiana) nel sito web di un telaista brianzolo: Ponc.

Attratto dal suo sito web, dalle geometrie delle sue creazioni in stile criterium e dalla sua grande abilità nella saldatura a Tig ho deciso di contattarlo prima tramite mail per un preventivo di massima e successivamente telefonicamente.

Poche parole, un indirizzo ed un numero civico sono bastate per fissare il primo appuntamento nella sua officina situata in Lissone (Mb) la settimana successiva.

Le due ore perse a parlare ancora una volta di ciclismo, di pesi irraggiungibili neanche con un cambio top di gamma, di artigianalità, di marketing, di quote di mercato, di maestri telaisti, di acciao e di acciai mi fanno apporre il sigillo su quella che sarà la mia nuova specialissima con freni a disco e passaggio cavi interno ma completamente su misura ed ovviamente fatta a mano.

Mancava una sola cosa che divideva il mio Ego XX al mio oggetto del desiderio, la misurazione antropometrica.

Un’ulteriore telefonata il giorno successivo al nuovo volto di Gcn Italia, Giorgio Brambilla, ex corridore professionista, ed un appuntamento fissato nel suo studio per una visita biomeccanica erano il tassello mancante alla realizzazione del nuovo telaio ed alla pace tanto aspettata di XX.

XX sentitamente ringrazia. Mancano pochi giorni al nuovo giocattolo.

2 risposte a "L’insostenibile leggerezza dell’essere (in acciaio)"

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